ProverbiPerché si dice "a occhio e croce"?

Perché si dice “a occhio e croce”?

Dagli antichi setifici della Firenze medioevale, arriva un modo di dire utilizzato che indicare situazioni approsimate e operazioni corrette ma non perfette!

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Nel linguaggio comune di tutti i giorni, ci capita spesso di usare il modo di dire “a occhio e croce” per indicare qualcosa di eseguito in modo corretto, ma non proprio a regola d’arte: “Si vede che questo orlo è stato cucito a occhio e croce, è fatto abbastanza bene anche se non è perfetto”. È un’espressione che si utilizza anche come sinonimo di “più o meno” per indicare una situazione approssimativa, non proprio precisa. Ad esempio: “Direi di incontrarci stasera, a occhio e croce intorno alle 20”. Si usa anche per indicare una sensazione, per definire qualcosa di probabile, che non è del tutto chiaro o ancora certo: “Mi sembra che, a occhio e croce, quest’anno l’inverno tarderà ad arrivare”. Ma dove e quando ha origine questo modo di dire molto diffuso, soprattutto a Firenze e in Toscana? Perché si dice “a occhio e croce”?


“Un modo di dire toscano, molto antico”


Un’operazione di alta precisione e maestria

L’espressione “a occhio e croce” è nata proprio per indicare una cosa eseguita alla meglio, che non si poteva fare diversamente, in nessun altro modo. Nasce a Firenze, nelle officine dove si realizzavano e si lavoravano le pezze di seta. Le operaie del setificio, chiamate tessitrici, filavano per prima cosa i bozzoli prodotti dai bachi da seta: tramite l’utilizzo di fusi, ottenevano un filo sottilissimo, estremamente delicato, quasi impalpabile. Una volta posto sul telaio, per intrecciare trama e ordito e ottenere le pezze di tessuto setoso, il filo doveva essere lavorato con estrema cura, proprio perché parecchio sottile e fragile.

Nonostante l’impegno e la delicatezza posta nella lavorazione della seta, capitava che il filo si spezzasse. A quel punto, a telaio fermo, una tessitrice, solitamente preposta a lavori di rammendo di estrema precisione, recuperava il filo e lo incrociava con la trama della stoffa, effettuando un minuscolo nodo a forma di croce. Naturalmente non c’era nessun strumento sofisticato di precisione da utilizzare, tranne un ago molto sottile e la grande maestria delle mani della rammendatrice, che operava ad occhio nudo, senza l’ausilio di lenti di occhiali o lenti di ingrandimento. Era un’operazione che veniva eseguita ad occhio e consisteva in una croce fra due fili sulla pezza di seta, quindi fatta “a occhio e croce”.

Un’espressione che ha origini molto antiche

I setifici di Firenze hanno una storia antichissima, che inizia nel 300 e attraversa tutto il Medioevo, fino ad arrivare agli splendori dell’epoca del Rinascimento. È in questo momento che si confermano, sempre di più, una delle attività artigianali e commerciali più importanti e produttive della città. L’espressione “a occhio e croce” è veramente molto antica ed è un detto prima di tutto fiorentino, poi toscano e infine, da molto tempo, approdato e consolidato nei diversi dialetti regionali e nel parlato corrente di tutta Italia.

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